Flavia De Bartolomeo ha voluto intervistare Ciro Castaldo per la sua tesi, interamente incentrata su Mia Martini, dal titolo La solitudine di Mimì. Storie di canzoni, radici e contrasti. Flavia, si è laureata in canto pop-rock presso il Conservatorio P.I. Tchaikovsky di Nocera Terinese, in provincia di Catanzaro, il 24 luglio scorso.
Come hai conosciuto artisticamente Mimì, cosa vi ha legati?
“Di persona non l’ho mai incontrata, nonostante nel napoletano cantasse in tanti eventi. Mio cugino prese dei biglietti per un suo concerto a Pozzuoli, nell’estate del 1994, ma lo annullarono per dei suoi problemi di salute. In altre occasioni c’è sempre mancato poco. Ricordo che a una festa di piazza un impresario (disonesto) fece scrivere il suo nome sulla locandina, da richiamo, ma in realtà poi si trattò di un’esibizione (tra l’altro molto breve) del solo Roberto Murolo. Ho sempre pensato che prima o poi questa cosa di incontrarla sarebbe accaduta. Ho iniziato a seguirla nel 1989, quando è tornata a Sanremo con Almeno tu nell’universo (avevo tredici anni e mezzo).
Subito dopo, il messinese Pippo Augliera, insieme ad altri fan storici più adulti, ha fondato il fan club Chez Mimì. Una volta saputo della sua esistenza, sono entrato in contatto con lui, mi sono iscritto per ricevere la fanzine e nel tempo ho iniziato a collaborare anche scrivendo e intervistando svariati artisti: Dori Ghezzi, Mango, Enrico Ruggeri, Riccardo Fogli, gli Audio 2, Lucio Dalla, Cristiano De André, Pietra Montecorvino, Enzo Gragnaniello, Eugenio Bennato, Tullio De Piscopo. Interviste che nel 2019, insieme a tante altre fatte a tanti artisti e personaggi negli anni seguenti, ho inserito nel mio libro Martini Cocktail pubblicato dalle Edizioni Melagrana.
In quegli anni già collezionavo i suoi dischi, le riviste specializzate, videoregistravo in VHS tutte le sue partecipazioni televisive. Memorabili le sue fantasie musicali a Europa Europa, il bellissimo programma televisivo del sabato sera presentato da Fabrizio Frizzi ed Elisabetta Gardini.
Nei primi anni Novanta ero molto giovane e pensavo che prima o poi sarebbe arrivato il momento opportuno per incontrarla di persona. Come dire, quando uno ha qualcosa sempre a portata di mano non pensa che… Poi, nel suo caso, la scomparsa è arrivata in maniera così prematura e drammatica.
È stata una doccia fredda. Questo mi ha spinto a collaborare ancora di più con lo Chez Mimì, secondo me anche come forma di elaborazione del lutto, come lo si vive per una persona di famiglia. Entrato nello staff di redazione, con Pippo e gli altri collaboratori più attivi ci siamo anche chiesti se fosse stato il caso di andare avanti. Abbiamo deciso che era giusto continuare, visto che si trattava del club che lei stessa aveva ufficializzato.
Il 2 agosto del 1998, con il permesso di Pippo Augliera e in sua presenza per la festa di inaugurazione, aprimmo anche una sede locale del club a Somma Vesuviana, gestita dal sottoscritto, grazie alla quale, con la collaborazione dei soci campani, abbiamo realizzato e partecipato a tanti eventi culturali, tra cui premi, mostre, concerti e anche al Festival folk dei comuni vesuviani, nel 2000, in gemellaggio con la Svezia, dove Mimì aveva rappresentato l’Italia all’Eurofestival nel 1992. Ci occupammo anche della gestione del Sito web, mentre Pippo a Messina continuava ad assemblare la Fanzine che raccoglieva tutti gli articoli e le interviste realizzate dai collaboratori più attivi.
Mia Martini ufficializzò il club nel 1990, a Messina, in occasione di una tappa del Cantagiro e sancì la cosa, nel tempo, con i ringraziamenti sul 33 giri Rapsodia e sull’home video Per Aspera ad Astra che poi è uscito postumo nel 1996. L’aveva registrato nella primavera del ‘92 nel corso del tour che aveva fatto seguito al Festival di Sanremo. È il racconto della sua vita artistica andando indietro nel tempo, con tanti flashback, partendo da Gli uomini non cambiano e chiudendo con La costruzione di un amore.
Noi collaboratori di Chez Mimì abbiamo sempre operato in sinergia, spinti dall’amore e dalla passione, per fare in modo che il suo ricordo rimanesse vivo. Nei primi anni dopo la sua scomparsa è stato molto difficile e faticoso organizzare eventi, parlare di lei, scrivere articoli, intervistare, scrivere alle redazioni di programmi televisivi e radiofonici, così come alle tante case discografiche che gestivano il suo variegato repertorio musicale prima che la Sony lo assorbisse tutto. Era un lavoro quasi quotidiano! Nel tempo libero si scriveva agli addetti ai lavori, suggerendo di andare a scovare determinate cose che potevano essere in un determinato archivio per provare a farle venire alla luce.
Ai concerti dei suoi colleghi, soprattutto quelli affini al suo percorso (anche quelli più giovani), si raccoglievano interviste, ricordi, testimonianze, adesioni per un possibile disco tributo. Personalmente, tra le tante adesioni, ho raccolto anche quelle di Enrico Ruggeri, Lucio Dalla e Mango. Peccato che il progetto non abbia mai visto la luce per vari motivi legati alla discografia.
Per non parlare poi della collaborazione con Nino Romeo (che ha fatto tanto e tanto ancora fa per portare avanti il ricordo di Mimì) e il Premio Mia Martini di Bagnara Calabra e il lavoro immane per raccogliere le firme in collaborazione con la famiglia, con Dori Ghezzi e la giornalista Alba Calia per far sì che il Premio della Critica a Sanremo portasse il suo nome. È stato il nostro modo per contribuire a non farla dimenticare, per raccontarla alle nuove generazioni e per darle il giusto risalto perché, purtroppo, venendo a mancare prematuramente, ha lasciato tutti con l’amaro in bocca da un punto di vista artistico, oltre che da un punto di vista umano. Perché, è giusto dirlo, anche se poi ha goduto del suo grande ritorno sulle scene e a livello discografico, a noi del club diceva di non sentirsi giustamente valorizzata. Il presidente del club, Pippo Augliera, dopo la sua scomparsa, ha pubblicato il libro dal titolo La regina senza trono perché lei poco prima di morire, con la sua proverbiale e fragorosa risata, gli disse: “Sulla copertina del prossimo disco vorrei apparire come una regina senza trono, appoggiata a una poltrona, con le pantofole in mano, perché mi sento la Cenerentola della canzone italiana. Voglio fare solo cose che rimarranno nel tempo e dischi di qualità. Lo faccio per voi. I dischi postumi sono gettonatissimi. Vostra Signora da morta farà i miliardi”.
Nel tempo, le nuove generazioni le hanno dato la giusta attenzione. Il suo percorso artistico e umano è stato talmente forte e senza tempo da conquistare il giusto ruolo nel mondo della canzone. I dischi postumi nei negozi non hanno fatto in tempo a prendere la polvere… è stata decretata una delle artiste più collezionate, ascoltate e omaggiate della storia della canzone italiana. È letteralmente entrata nel mito, nella leggenda. Questa netta sensazione l’abbiamo avuta soprattutto negli ultimi anni, il culmine è stato raggiunto con l’uscita al Cinema, in TV e adesso anche su Netflix, del biopic Io sono Mia, con la bravissima Serena Rossi. Sono stato onorato di fare da consulente al biopic nella sua stesura finale e di avere Serena Rossi ospite d’onore alla V edizione del Mia Martini Festival che organizzo con l’associazione no profit Universo di Mimì di cui sono presidente. Oggi, tutti parlano bene di Mia Martini e le riconoscono il giusto ruolo nel mondo della canzone, ma ti garantisco che quando era in vita, e nei primi anni dopo la sua scomparsa, è stato molto difficile portare avanti il suo ricordo”.
Quando parli di difficoltà, a che tipo di difficoltà ti riferisci?
“Ti ringrazio molto per questa domanda che mi dà la possibilità di rievocare un atteggiamento dell’ambiente, poco ricordato.
Nei primi anni dopo la sua scomparsa era come se si volesse mettere una pietra sopra alla vita artistica di questa donna. In troppi, secondo me, si sono sentiti responsabili del suo isolamento forzato. Ricordo un noto direttore, di una nota rivista musicale, rimanere seduto, impassibile, nel corso di una standing ovation tributatale per una sua strepitosa interpretazione in duetto con Giorgia, in prima serata su Raiuno. Seppi poi che quella persona molto potente, per quasi vent’anni, l’aveva ostracizzata, bandendola dalla sua rivista e dai suoi giri. Neanche un trafiletto, salvo poi pubblicare, la settimana dopo la sua scomparsa, un articolo dal titolo Palco vuoto senza Mimì. Ecco, con questi atteggiamenti ho avuto spesso a che fare nei primi anni dopo la sua scomparsa… e ti garantisco che non è stato facile gestire certe situazioni…
La cosa che mi rinfranca, oggi, è vedere tanti giovani che si avvicinano a Mia Martini e si appassionano, perché pezzi come Minuetto o Almeno tu nell’universo sono forti e senza tempo, perché lei, col suo atteggiamento nei confronti dello strapotere di certi personaggi del suo ambiente, nel tempo, ha vinto. Questo è il messaggio che più di tutti mi affascina del suo vissuto. Per me è stata una vincente, altro che la cantante brava ma triste. Cliché banale, nel quale hanno provato invano a rinchiuderla. Nel tempo ha fatto il culo a tutti! Perdonami il francesismo inserito in questa tua brillante tesi (ride). Credo che tra un secolo i giovani ascolteranno ancora le sue canzoni e si innamoreranno, si emozioneranno ascoltandola e potendola fruire grazie alle nuove tecnologie. Un tempo era più complicato divulgare un percorso artistico, oggi, fortunatamente, con i social e i nuovi mezzi di comunicazione di massa è molto più semplice. E le cose valide e belle sfidano il tempo e lo spazio. Per tutto questo, oggi più di ieri, è importante presentare il percorso artistico di un personaggio nel giusto modo, per restituirgli la giusta dignità e la giusta collocazione e fare in modo che, soprattutto le nuove generazioni, lo recepiscano e vivano in maniera appropriata”.
Di cosa si occupava lo Chez Mimì?
“Il club ha sempre seguito il percorso artistico di Mimì e inevitabilmente anche quello umano, ma facendolo con una carezza, delicatamente, senza morbosità, per il rispetto che tutti dobbiamo innanzitutto alle persone, al di là del fatto che si tratti della tua cantante preferita. Lei questo lo ha capito, oltre ad apprezzare le competenze musicali e il modo di scrivere interviste ed editoriali, al punto da riconoscerci ufficialmente, invitandoci ad andare avanti. Era una molto tosta che non andava molto d’accordo con il termine fan. Con il percorso di Chez Mimì, invece, lei ha capito che il discorso era diverso. Ci rilasciava interviste e anteprime in esclusiva. Leggeva le fanzine, i periodici ciclostilati che realizzavamo con foto e ritagli di articoli di giornali e riviste. Poi, con gli anni, lo abbiamo anche digitalizzato. Ci siamo fermati al numero 33 a causa dell’improvvisa scomparsa del presidente Pippo Augliera che spesso ho ospitato a casa mia.
L’idea di continuare a fare qualcosa a livello associativo è arrivata con Universo di Mimì e un giovane teatro di circa 500 posti sorto a Somma Vesuviana. Mi sono detto: purtroppo Pippo non c’è più, a maggio ci sarà il ventennale della scomparsa di Mimì… Così ho chiamato a raccolta un folto gruppo di appassionati, giovani studenti, amici e parenti di ogni età e abbiamo messo su questa associazione no profit legalmente riconosciuta, appunto, Universo di Mimì, con cui facciamo tante cose: presentazioni di libri, showcase, presentazioni di dischi di giovani e validi talenti del territorio e, soprattutto, una volta l’anno il Mia Martini Festival giunto alla sua IX edizione.
Un’altra cosa che tengo molto a dire e che ho avuto la possibilità di divulgare grazie alla partecipazione al docufilm Fammi sentire bella del pluripremiato e bravissimo regista Giorgio Verdelli, è che pochi mesi dopo la scomparsa di Mimì ci ha telefonato Lucio Battisti, pensa un po’… un mito che chiama un fan club. E si è iscritto! È stato il suo modo per dirci: andate avanti, non vi fermate, perché Mia Martini merita un gruppo di persone che portino avanti il suo ricordo”.
Parliamo un po’ di Sanremo 1989…
“Una persona, in particolare, ha fatto tanto per favorire il suo rientro sulle scene: Sandra Carraro. Si sono creati i presupposti per un rientro trionfale, quanto inaspettato, anche grazie all’impegno dei produttori discografici Gabriele Varano, Gianni Sanjust e del direttore artistico Adriano Aragozzini.
Non la volevano nel cast perché avevano paura che gli altri artisti e le altre case discografiche non avrebbero partecipato. Era il periodo in cui alcuni colleghi non partecipavano a feste o eventi se c’era lei, addirittura non volevano prendere l’aereo con lei o si rifiutavano di entrare negli studi di registrazione in sua presenza. Lei, invece, è stata talmente forte, talmente grande, con un pezzo così intenso come Almeno tu nell’universo, così bello e struggente, che è riuscita a mettere d’accordo tutti: pubblico, colleghi e critica specializzata. Memorabile un articolo apparso sulla rivista Anna in cui, a proposito degli ostracismi subiti, Mimì vola alto con un: “Vi perdono tutti”.
L’accoglienza fu talmente grande e calorosa che lei, che aveva deciso di tornare soltanto per organizzare un po’ meglio i suoi concerti e anche per regalare un nuovo disco al suo affezionato pubblico che non aveva smesso mai di seguirla (neanche nei momenti più bui), si convinse a non sparire più e ad andare avanti nel suo percorso artistico, nei giusti contesti che finalmente non le furono più negati. Tanto è vero che il suo disco del 1990, La mia razza, che include La nevicata del ‘56, ha le firme di importanti autori ed è strutturato molto meglio. Ebbe un anno di tempo per organizzarlo, mentre l’album Martini Mia, del 1989, è stato registrato di notte, in appena sette giorni. Poi lei era una molto rigorosa, ci teneva molto al discorso musicale, alla qualità. Era anche una musicista, da ragazzina aveva studiato solfeggio, lirica e pianoforte. E anche da adulta aveva continuato gli studi, di composizione, soprattutto nel periodo in cui, nel 1980, si è dovuta fermare per un doppio intervento alle corde vocali. Anche perché, orgogliosa com’era, aveva raccolto la sfida lanciatale dal suo uomo: Ivano Fossati. Le diceva che era solo una voce e basta, non un’artista completa e lei, di contro, ha iniziato a scrivere, a musicare e ad arrangiare i suoi brani ed è uscita, nel 1981, con un album tutto suo, da cantautrice: Mimì. Insomma, lo ha fatto ricredere e Fossati ha ritrattato tutto quello che le aveva detto al punto che, l’anno dopo, nel 1982, nel 33 giri Quante volte… ho contato le stelle c’è un pezzo, Vecchio sole di pietra, scritto a quattro mani da entrambi. Fossati ha scritto la musica e Mia Martini il testo”.
Tra i due c’era un po’ di rivalità?
“Secondo me sì. Lui in quel periodo era già un grandissimo autore, ma non riusciva a emergere come cantautore. Attenzione: stiamo parlando di uno dei più grandi artisti della storia della musica italiana. Ma in quel momento Ivano Fossati era famoso perché aveva scritto La costruzione di un amore ed E non finisce mica il cielo per Mia Martini, Dedicato e Non sono una signora per Loredana Berté, Un’emozione da poco per Anna Oxa e, ancora, Pensiero stupendo per Patty Pravo. Stiamo parlando di pietre miliari, di pezzi iconici di queste grandi interpreti che hanno fatto la storia della canzone italiana di tutti i tempi”.
Com’era Mimì con i suoi fan?
“Amava molto incontrare il suo pubblico e chiunque volesse portarle un saluto a fine concerto. Era molto aperta. Una delle poche cantanti che si fermava a fare autografi, a farsi scattare foto, ma ancora di più amava chiacchierare con i suoi estimatori. Ma, come già detto, non amava il termine fan, detestava i fanatismi. Se capiva di avere a che fare con persone che la vivevano in maniera morbosa, ossessiva, era solita evitarli o affrontarli esortandoli, seppur amorevolmente, a vivere la loro vita realizzandosi in prima persona, senza vivere di riflesso all’ombra del proprio “mito”, spesso trattato come una sorta di poltrona dello psicanalista.
Non amava le invadenze, ma era molto aperta. Era una persona schietta e senza filtri, libertaria e autentica che non le mandava a dire. Quando, spesso, andava a Bagnara Calabra, la vedevano per strada o in spiaggia, parlare con chiunque. Era un’anti-diva, come Massimo Troisi. Spesso alle persone diceva: “Non sono una diva. Sono una che canta, che fa questo di mestiere e che lo vuole fare bene, con cognizione di causa, mettendo al primo posto la ricerca della qualità, il rispetto per la musica e per il pubblico”.
Secondo me questa sua nota caratteriale, unita al suo rifuggire le ruffianerie, l’ha pagata a caro prezzo.
In un ambiente dove ci sono tanti professionisti ma anche tanti personaggi molto mediocri e discutibili che si improvvisano, una persona così colta in senso lato, molto preparata musicalmente ed esigente, ha dato fastidio e non poco.
Mimì leggeva tanto, di letteratura, filosofia e anche di materie scientifiche, conosceva tre lingue (avendole studiate bene alle scuole superiori), insomma aveva una formazione elevata, era un’intellettuale, una curiosa. In un ambiente con persone un po’ limitate si è inimicata non poca gente. Non che fosse una superba, sia chiaro, anzi era una persona molto umile anche nel suo essere salace. Una donna preparata e di carattere dà molto fastidio. Secondo me, gli ostruzionismi nei suoi confronti nascono da tanta invidia”.
Quando Mimì è andata via, come hai reagito?
“Avevo vent’anni, non potevo credere che lei fosse andata via in quella maniera così improvvisa e che io non l’avessi mai incontrata. È stato lacerante. Sono stato molto male”.
Ti chiederei di associare degli oggetti alle canzoni che canterò durante la mia seduta di laurea.
Mimì sarà
Una bombetta. Perché penso all’immagine di lei che cammina sul ponte come una Charlie Chaplin al femminile. Nostalgica.
Donna sola
Una gondola. Penso a Venezia, perché lì, nel 1973, Mimì ha vinto la gondola d’oro alla Mostra internazionale di musica leggera, grazie alle vendite del 45 giri Donna sola, uscito l’anno precedente.
Notturno
Ai suoi occhiali tondi e scuri (come le ore notturne), alla John Lennon, autore che lei amava tanto.
E non finisce mica il cielo
L’astuccio/premio che Baudo, nel 1982, le consegnò a Domenica In a seguito dell’istituzione del Premio della Critica che fino all’anno precedente non esisteva.
Gli uomini non cambiano
Gli orecchini a forma di cravatta che la sua amica Gianna Bigazzi le regalò per indossarli a Sanremo ‘92.
Almeno tu nell’universo
Un diamante (in mezzo al cuore).
Col tempo imparerò
Una culla (vuota di un bambino mai nato).
Proprio in riferimento a Col tempo imparerò, secondo te, col tempo, cosa avrebbe potuto imparare e fare Mimì?
“Come detto, era molto curiosa e studiosa. Secondo me, avrebbe letto tanti libri divulgativi di astrofisica. Diceva di essere pazza di Margherita Hack. Magari avrebbe imparato a riconoscere i corpi celesti e i pianeti a occhio nudo. La percepivo molto appassionata ma, purtroppo, non ha avuto tempo e modo di approfondire il discorso. In ambito musicale, sono certo che avrebbe dato ancora molto e fatto tantissime cose. Innanzitutto un album etnico col suo amico cantautore Mimmo Cavallo, un disco con le cover di Tom Waits che già stava personalmente traducendo in Italiano e un concerto incentrato sul suo repertorio e su quello di Fossati e De André, accompagnata da una grande orchestra sinfonica, magari diretta da Ennio Morricone con cui aveva già collaborato quando aveva poco più di vent’anni”.
Flavia De Bartolomeo